Riassunto di quanto accadde nel caduceo 1259

Più di mezzo anno era ormai trascorso da quando l’Alleanza Tetradica che difendeva Re Aureliano rovesciò le sorti della guerra, sconfiggendo nei Campi Plachi le armate del Patto del Sole e riportando la pace nelle Terre Spezzate. Il Principe Alarico d’Urso, uno dei ribelli che aveva osato sfidare il Re, dovette pagare il prezzo più alto per il perdono reale. Il suo unico figlio ed erede Goffredo d'Urso venne consegnato quale ostaggio ad Edoardo dei Castamanti, Principe di Valleterna e nemico di sempre, affinché fosse cresciuto ed educato a Vesta. Quando il principino si apprestava a compiere il primo anno d’età, il Magnifico diede grandi festeggiamenti a Vesta, invitando dignitari da tutto il Regno. Il Principe Alarico, ansioso di celebrare suo figlio alla maniera brumiana, convocò il Baldo Ivaldo che intrattenne i presenti con la sua pittoresca arena di creature mostruose.

I festeggiamenti per l’erede brumiano non furono però l’unica ragione che mosse le corti dei principati verso il Castello dei Castamanti. Già dai giorni dell’incoronazione di Re Aureliano, l’ecclesia valniana e quella coronense dibattevano animatamente su questioni dottrinali in seno all’Ecclesia. Per mesi i dotti ricercarono scritti e testimonianze che avvalorassero le proprie tesi e che furono infine declamati durante il Concilio dei Vescovi dell’Ecclesia Tetradica, tenutosi il giorno ottavo della seconda decade di caduceo. Dama Ginevra Della Rovere e Ser Lisimaco Ariele portarono al Concilio argomentazioni convincenti, ma non quanto quelle di Ser Augusto Laurenti e Dama Dulcinia Vesta Vizzamano: alla fine fu decretato che il Tetrarca aveva il potere di nominare i Vescovi autonomamente, senza bisogno dell’approvazione del Concilio, con grande scorno dell’Ecclesia valniana.
Mentre i Tetradici disquisivano di fede e dell’infallibilità della guida dell’Ecclesia, i seguaci del Corvo organizzavano un festino proprio fuori dalle mura, facendosi beffe del severo Edoardo e dell’editto reale, durante il quale fu scelta una guida per il novello clan. Raccontano i pii contadini valniani che i depravati barbari salutarono l’evocazione dell’empio demone corvino godendo tutti insieme di sfrenate libagioni e chissà quali altre perversioni della carne.
Sullo stesso terreno del festino, tornata la luce del giorno, ebbe luogo il prestigioso, quanto atteso, Torneo delle Dame, indetto dalla Regina Madre Adelaide. Come da tradizione, le fanciulle di nobile lignaggio scelsero i propri campioni, d’armi e cortesia, che si batterono l’uno contro l’altro portando i colori delle rispettive dame. Alla fine rimasero due combattenti, il Duca Odoacre Alanera e il suo vassallo Ser Frederigo Tagliabruma. Il cavaliere Tagliabruma sembrava il più abile con le armi e indubbiamente sopravanzava il suo signore in cortesia. Eppure, non osando forse sfidare l’ira dello spietato Duca, Frederigo si battè pigramente nel duello finale lasciando facile vittoria ad Odoacre. La dama di cui portava i colori, la Baronessa Olimpia Zenaidi, ricevette in premio un prezioso gioiello fatto cesellare appositamente dalla Regina Madre. Pare che l’anziana Adelaide avesse molto peso a corte e che il suo parere sarebbe stato determinante per la scelta della moglie di Aureliano, la nuova Regina... questo è quanto ebbe a dire di lei un’Iniziata della Spina:
“Ho parlato con la Regina Madre. Che palle. E' noiosa come le patate lesse e rigida come un palo. Ma vabbe'.”

Altri eventi meno mondani richiesero tuttavia l’attenzione delle corti. A Vesta si svolse il Simposio sugli Avvizziti, in cui tutti i Principati testimoniarono quanto avevano scoperto sui pericolosi stregoni e il Primo Cavaliere Tancredi fece il punto della situazione sulla Caccia. Nei mesi precedenti, gli Avvizziti erano stati massacrati senza quartiere, soprattutto dai valorosi armati al servizio di Venalia e di Neenuvar, ma molto restava ancora da fare.
Gli stregoni cercarono di distruggere la ricetta di una pozione in grado di proteggere dalla cosiddetta “Sublimazione”, il terribile rituale tramite il quale i mortali vengono tramutati in Avvizziti. Solo il tempestivo intervento degli uomini di Meridia permise che la ricetta giungesse intatta nelle mani del Re. Nel mentre Brito Alcestidi, Rettore della Spina di Venalia e cugino di Basilio X, si faceva beffe degli uomini delle Corti. Brito finse di essere stato catturato dagli stregoni e tramutato in Avvizzito contro la sua volontà; solo in seguito si sarebbe appreso che si trattava solo di un elaborato stratagemma e che il Rettore da sempre desiderava servire gli stregoni. Questo ed altri eventi avrebbero avuto una portata catastrofica per il Regno; ma ciò sarebbe emerso chiaramente solo un anno più tardi.
I principati non riuscirono a fare fronte compatto contro gli Avvizziti anche a causa dei grandi screzi fra la Corona, Neenuvar e Venalia: col primo si stava quasi giungendo allo scontro aperto per questioni di fede mentre due maghi de La Spina vennero accusati di avere ordito un complotto atto ad uccidere Sua Maestà; la maga Niobe venne torturata ed impiccata mentre Ettore Cassio riuscì a fuggire. Massenzio Vulcano, uomo d’armi della Basilissa ed amico sia di Ettore che di Niobe nonché cugino di Leone Allegro, venale impiccato mesi prima per ordine della Corona, decise di vendicarsi e uccise Caio Marzio, Veterano della Guardia e simbolo della Corona. Fu grazie al Magnifico Principe di Valleterna che il miliziano venale venne catturato e giustiziato.

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